Mod. 231
Modello di Organizzazione e di gestione della Fondazione Johnson & Johnson
Approvato dal Consiglio di Amministazione in data 16/3/2009
Aggiornato in data 23 Gennaio 2014
MODELLO DI ORGANIZZAZIONE E DI GESTIONE di
FONDAZIONE J&J
Sezione prima
Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231
LA RESPONSABILITÁ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI
1.1. La normativa
Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 avente ad oggetto la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle Fondazione e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità degli Enti.
Si tratta di una peculiare forma di responsabilità amministrativa in sede penale, per taluni reati commessi da soggetti appartenenti ai vertici aziendali o da dipendenti. Ne consegue, quindi, che alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato, si aggiunge quella dell’Ente.
Le disposizioni del presente decreto si applicano, ex art. 1 dec. cit.:
- enti forniti di personalità giuridica;
- società ed associazioni anche prive di personalità giuridica.
La responsabilità dell’Ente sorge in occasione della commissione dei reati previsti espressamente dal decreto e commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da parte di soggetti legati a vario titolo all’ente stesso. Al riguardo, l’art. 5 del decreto indica quali autori del reato:
- “le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché le persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo degli stessi” (cosiddetti soggetti apicali);
- “le persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)” (cosiddetti sottoposti).
Per espressa volontà del legislatore, l’Ente non risponde del reato commesso qualora i soggetti apicali o i dipendenti abbiano agito “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi” (art. 5 comma 2, D.Lgs. 231/2001).
La responsabilità dell’Ente può essere inoltre esclusa qualora, prima della commissione del fatto:
- siano predisposti ed attuati modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire la commissione dei reati previsti dal suddetto decreto;
- sia istituito un organo di controllo, con poteri di autonoma iniziativa con il compito di vigilare sul funzionamento dei modelli di organizzazione.
Nell’ipotesi di reati commessi dai vertici, la responsabilità dell’Ente è esclusa qualora quest’ultimo dimostri che il reato è stato commesso eludendo fraudolentemente i modelli esistenti e che non vi sia stato, altresì, omesso o insufficiente controllo da parte dell’Organismo di Vigilanza, appositamente incaricato di vigilare sul corretto funzionamento e sull’effettiva osservanza del modello stesso.
Nel caso di reato realizzato dal sottoposto, invece, l’esclusione della responsabilità dell’Ente è subordinata, in sostanza, all’adozione di protocolli comportamentali adeguati, in relazione alla natura e al tipo di attività svolta, a garantire lo svolgimento dell’attività stessa nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.
1.2 Reati che determinano la responsabilità amministrativa dell’ente
Le fattispecie di reato richiamate dal D.Lgs. 231/2001 (vd Allegato n. 2 “elenco dei reati”) possono essere accorpate, per comodità espositiva, nelle seguenti categorie:
- delitti nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (quali corruzione, concussione, malversazione ai danni dello Stato, truffa ai danni dello Stato e frode informatica ai danni dello Stato, traffico di influenze illecite richiamati dagli 24 e 25 del D.Lgs. 231/2001);
- delitti informatici e trattamento illecito di dati richiamati dall’art. 24 bisLgs. 231/2001. L’art. 7 della Legge 18 marzo 2008, n. 48 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione d’Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno” ha esteso la responsabilità amministrativa dell’ente anche nelle ipotesi di commissione dei cd. Computer crimes
- delitti in materia di criminalità organizzata richiamati dall’art. 24 terLgs. 231/2001 (reati di associazione per delinquere art. 416, associazione di stampo mafioso anche straniere art. 416 bis, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope art. 74 D.P.R.309/90, non più solo transnazionale, ma anche su base nazionale, scambio elettorale politico-mafioso art. 416 ter, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione art. 630 c.p.) introdotti dalla Legge 94 del 2009
- delitti contro la fede pubblica (quali falsità in monete, carte di pubblico credito e valori di bollo, richiamati dall’art. 25-bis Lgs. 231/2001;
- delitti contro l’industria ed il commercio richiamati dall’art. 25 bis 1 D.Lgs. 231/2001
- reati societari richiamati dall’art. 25-ter D.Lgs. 231/2001, ivi incluso il reato di Corruzione tra privati ;
- delitti con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico richiamati dall’art. 25-quater Lgs. 231/2001;
- delitti contro la personalità individuale quali la prostituzione minorile, la pornografia minorile, la tratta di persone e la riduzione e mantenimento in schiavitù, l’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro richiamati dall’art. 25-quinquies, oltre che le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili richiamate dall’art. 25-1 D.Lgs. 231/2001).
- delitti in materia di market abuse: difatti, l’articolo 9 della legge comunitaria per il 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 27 aprile 2005 ed in vigore dal 12 maggio 2005, ha recepito la direttiva 2003/6/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato – abusi di mercato – e le direttive della Commissione di attuazione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE. Tale provvedimento normativo incide in maniera rilevante sulla responsabilità degli enti associativi, estendendone la portata ai nuovi illeciti di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato. Viene, infatti, inserito nel D.Lgs. 231/2001 un nuovo articolo 25-sexies relativo agli abusi di mercato, ed un articolo 187-quinquies nel Testo Unico della Finanza che prevede la responsabilità dell’ente anche in relazione agli illeciti amministrativi di abuso e manipolazione.
- reati transnazionali: la legge n. 146 del 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 85 dell’11 aprile 2006 ed in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ha esteso la responsabilità degli enti anche alle ipotesi di commissione di reati c.d. trasnazionali. Tale Legge, che ratifica e da esecuzione alla Convenzione e ai Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001, ha specificamente chiarito all’art. 3 che, ai fini della nuova disposizione legislativa, si considera “reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché: a) sia commesso in più di uno Stato; b) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; c) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d) ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato”. Tale disposizione normativa influisce in maniera considerevole sulla responsabilità degli enti, essendo questa esplicitamente prevista nei casi indicati dall’art. 10.
- delitti colposi contro la persona: la legge 123/07 ed il successivo D.lgs. 81/2008 “Testo Unico sulla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro”ha ampliato la categoria dei reati rilevanti ai fini del D.lgs 231/01, mediante l’inserimento del nuovo articolo 25-septies relativo all’omicidio colposo e alle lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute del lavoro, previsti rispettivamente dagli artt. 589 e 590 c.p.
- delitti di riciclaggio, la ricettazione, l’impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita ed autoriciclaggio: l’ambito applicativo del D. lgs. 231/2001 è stato ulteriormente esteso mediante l’introduzione, da parte della legge 231/07, dell’art. 25 octies relativo al riciclaggio, la ricettazione e l’impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita, previsti rispettivamente dagli artt. 648, 648bis e 648terp.
- delitti in materia di violazione del diritto d’autore introdotti dalla Legge 23 luglio 2009 99 (art. 25 novies)
- delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci (art. 377 bis) non più solo transnazionale, ma anche su base nazionale introdotto dalla Legge 3 agosto 2009 116 (art. 25 decies)
- reati ambientali introdotti dalla Decreto legislativo 7 luglio 2011 121 (art. 25 undecies)
- reato di Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25- duodecies)
- reati in materia di Razzismo e xenofobia (art. 25 terdecies)
Per maggior completezza si rinvia all’allegato n. 2 contenente la descrizione delle singole fattispecie
1.3 Le sanzioni
A prescindere dall’eventuale responsabilità amministrativa dell’Ente, chiunque commetta uno dei reati sopra indicati sarà, comunque, perseguibile per la condotta illecita che ha posto in essere.
Per ciò che concerne la cornice sanzionatoria, l’art. 9 individua, al comma 1, le sanzioni che possono essere comminate all’ente. Precisamente, esse sono:
- la sanzione pecuniaria;
- le sanzioni interdittive:
- la interdizione dall’esercizio della attività;
- la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
- il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
- l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
- il divieto di pubblicizzare beni o servizi;
- la confisca;
- la pubblicazione della sentenza.
Sezione seconda
Il modello di organizzazione e di gestione
di FONDAZIONE J & J
1. BREVE STORIA DELLA FONDAZIONE
La Fondazione Johnson & Johnson nasce per realizzare concretamente il dettato del Credo del Gruppo Johnson & Johnson, che è il fondamento su cui poggiano sia le iniziative economiche che l’impegno sociale di tutte le aziende del Gruppo in ogni parte del mondo:
“Siamo responsabili nei confronti della comunità in cui viviamo e lavoriamo, così come nei confronti di quelle di ogni parte del mondo. Dobbiamo essere buoni cittadini, sostenere iniziative meritevoli ed opere benefiche, farci carico del giusto ammontare di imposte. Dobbiamo incoraggiare il progresso civile ed il miglioramento della salute e dell’istruzione. Dobbiamo conservare nelle migliori condizioni le proprietà che abbiamo il privilegio di usare, proteggere l’ambiente e le risorse naturali”.
La Fondazione Johnson & Johnson è stata costituita nel dicembre 2000 dalle aziende allora operanti in Italia e che oggi sono: Janssen-Cilag SpA, Johnson & Johnson SpA e Johnson & Johnson Medical SpA: Le attività di queste società rientrano a vario titolo nel campo della cura della salute: strumenti chirurgici, prodotti protesici, diagnostica di laboratorio, medicinali, prodotti sanitari e per la cura del corpo.
La specificità di business le rende particolarmente attente e sensibili a tutte le problematiche inerenti il benessere delle persone e delle comunità.
In breve:
- costituita nel 2000, appena l’ordinamento ha permesso di avere anche in Italia fondazioni d’impresa tipo grantmaking
- è stata approvata dalla Reg. Lombardia nel dic. 2000 (è stata la 1° corporate foundation grantmaking in Italia)
- è stata costituita per rendere più efficaci i processi di finanziamento e trasparenti le relazione con le Organizzazioni esterne. Prima della costituzione della fondazione infatti, le aziende J&J sostenevano ugualmente progetti destinati alla Comunità ma, spesso, per finanziare un progetto dovevano mettere insieme risorse da più aziende e quindi attivare diverse procedure amministrative (una per ogni azienda J&J partecipante ed in più la J&J Corporate). Questo rendeva l’operazione macchinosa e poco efficiente. Inoltre si perdeva, nei confronti delle organizzazioni coinvolte, la trasparenza e l’immagine che il sostegno proveniva dal Gruppo J&J.
- Nel Dicembre 2005 ha leggermente modificato il suo statuto per adeguarlo al nuovo assetto del gruppo J&J in Italia (consolidamento delle aziende del Medical Devices & Diagnostics).
- Dalla sua nascita ha sostenuto circa 169 progetti (alcuni sono stati sostenuti per anni successivi) stanziando circa 11,23 milioni di euro.
2. ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA FONDAZIONE
La Fondazione J&J è una fondazione di impresa, di tipo Grantmaking.
Questo tipo di fondazioni finanziano e sostengono progetti rivolti alla soluzione di problemi sociali, generalmente in partnership con organizzazioni non profit, le quali intervengono con la propria struttura per offrire beni/servizi alla collettività. Queste fondazioni, pur essendo delle entità separate, conservano i legami con le imprese costituenti, per le quali realizzano iniziative mirate alla comunità e caratterizzate dall’assenza dello scopo di lucro. Sono finanziate su base continuativa ed operano con processi.
Per operare efficacemente la Fondazione ha focalizzato gli ambiti di intervento su settori specifici e in campi su cui le aziende promotrici hanno maggiore esperienza: assistenza sanitaria alla comunità, salute dei bambini e della donna, responsabilità verso la comunità, formazione nel campo della gestione sanitaria, HIV/Aids.
Questi ambiti sono stabiliti, a livello mondiale, dalla J&J Corporate.
La Fondazione seleziona quindi progetti con un impatto sociale soprattutto nelle cinque aree di riferimento, scegliendo progetti in cui i suoi soci hanno “know- how” e conoscono le realtà in cui si inseriscono.
Inoltre, opera per sensibilizzare l’opinione pubblica facendo emergere tematiche ed istanze di rilievo sociale nel campo della salute, anche capitalizzando le esperienze nazionali ed internazionali della Johnson & Johnson.
La Fondazione ha sostenuto numerosi progetti ed attività di cura portati avanti da organizzazioni senza scopo di lucro ed istituti universitari ed ospedalieri.
La Fondazione non ha dipendenti né beni o locali propri, ma utilizza personale, beni e locali messi a disposizione gratuitamente dai soci (Johnson & Johnson Corporate, Johnson & Johnson S.p.a., Johnson & Johnson Medical S.p.A. e Janssen – Cilag S.p.a.). Tutto ciò al fine di ridurre al minimo i costi consentendo così il pieno utilizzo delle risorse economiche messe a disposizione dai soci per il finanziamento di progetti umanitari.
3. FINALITA’ DEL MODELLO
La scelta del Consiglio di Amministrazione di FONDAZIONE J & J di dotarsi di un modello di organizzazione e di gestione, ha la finalità di promuovere e valorizzare in misura ancora maggiore una cultura etica al proprio interno, che si esplicita in interventi ed iniziative volte a sensibilizzare tutti coloro che collaborano con la Fondazione, alla gestione trasparente e corretta dell’ attività, al rispetto delle norme giuridiche vigenti nel perseguimento dell’oggetto sociale.
Il Modello di organizzazione e gestione di FONDAZIONE J & J è stato adottato con delibera del Consiglio di Amministrazione del 16 marzo 2009 ed aggiornato in data 23 gennaio 2014 ed in data 15 giugno 2017
Segnatamente, attraverso l’adozione del Modello, il Consiglio di Amministrazione intende:
- rendere noto a tutti coloro che collaborano con la FONDAZIONE J & J, che la Fondazione condanna nella maniera più assoluta condotte contrarie a leggi, regolamenti, o comportamenti che violino la regolamentazione interna (protocolli e codice di comportamento) e più genericamente i principi di sana e trasparente gestione dell’attività cui la Fondazione si ispira;
- assicurare, per quanto possibile, la prevenzione della commissione di illeciti, nell’ambito dell’attività svolta dalla Fondazione mediante: i) il continuo controllo di tutte le aree di attività a rischio; ii) la formazione dei collaboratori alla corretta realizzazione dei loro compiti;
4. DESTINATARI
Il modello è indirizzato a tutti coloro che collaborano con la Fondazione, in particolare a:
- tutto il personale dirigente messo a disposizione a titolo gratuito dai soci fondatori e che opera in nome e per conto della Fondazione;
- i collaboratori
FONDAZIONE J & J esige, altresì, il rispetto del modello organizzativo da parte di tutti i soggetti terzi che la rappresentano senza vincoli di dipendenza come consulenti e fornitori
A tal proposito il rispetto del Modello è garantito mediante la previsione di clausole contrattuali che obblighino collaboratori esterni, consulenti e fornitori al rispetto dei principi contenuti nel Codice di comportamento nonché dei protocolli specificamente inerenti l’attività svolta, pena – in difetto – la possibilità per FONDAZIONE J & J di recedere dal contratto o di risolverlo.
5. APPROVAZIONE, MODIFICA ED ATTUAZIONE DEL MODELLO
Il Modello Organizzativo, secondo quanto previsto dall’art. 6 comma I, lettera a), del Decreto, costituisce atto di emanazione del Consiglio di Amministrazione (di seguito Cda). A tal riguardo il Cda, in data 16 marzo 2009, ha approvato l’adozione del presente Modello.
Il Cda, su proposta dell’Organismo di Vigilanza, effettua le successive ed eventuali modifiche e integrazioni, allo scopo di consentirne la continua rispondenza del medesimo alle prescrizioni del Decreto ed alle eventuali mutate condizioni della struttura della Fondazione.
In particolare il modello è stato aggiornato in data 23 gennaio 2014 ed in data 15 giugno 2017, al fine di recepire le modifiche normative intercorse (inserimento dei reati di: Autoriciclaggio, Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, Istigazione alla corruzione tra privati e riformulazione della Corruzione tra privati ). In data odierna, 17 maggio 2019 l’aggiornamento è finalizzato a recepire l’introduzione di un sistema di Whislteblowing previsto dall’art. 2 bis, 2 ter dell’art. 6 del Dlgs 231/2001, l’entrata in vigore dei reati in materia di razzismo e xenofobia prevista dall’art 25 terdecies, le modifiche ai reati in materia ambientale previsti dal Dlgs 21/2018 e l’introduzione nel Dlgs 231/2001 del reato di Traffico di influenze illecite previsto dall’art. 346 bis c.p.
Il Consiglio di Amministrazione è responsabile dell’attuazione del Modello nella Fondazione.
La vigilanza sull’adeguatezza e attuazione del Modello deliberato dal CdA è, invece, garantita dall’Organismo di Vigilanza che riporta periodicamente l’esito del suo operato allo stesso Consiglio di Amministrazione.
6. MAPPATURA DELLE ATTIVITA’ A RISCHIO
L’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001 prevede un’analisi delle attività svolte nell’ambito della Fondazione al fine di individuare quelle che, in aderenza al Decreto, possono considerarsi a rischio di illeciti.
Pertanto si è proceduto, in primo luogo, ad individuare le aree a “rischio reato”, così come richiesto dalla normativa in questione.
Ogni Ente presenta aree di rischio la cui individuazione implica una particolareggiata analisi della struttura aziendale e delle singole attività svolte.
Al fine di determinare i profili di rischio potenziale per FONDAZIONE J & J, ai sensi della disciplina dettata dal D. Lgs231/2001, è stata:
- effettuata un’intervista con il Direttore Generale
- accertate le singole attività a rischio ai fini del D. Lgs 231/2001, nell’ambito delle diverse attività.
- predisposte schede, c.d. “mappatura”(Allegato n. 3) nelle quali si evidenziano:
- la tipologia delle attività a rischio: a tal proposito si evidenzia che pur avendo considerato nelle schede i singoli reati nella sola forma consumata[1], l’ente può essere ritenuto responsabile ex art. 26 D. Lgs. 231/2001 anche in tutti i casi in cui il delitto risulti soltanto tentato a norma dell’art. 56 c.p. In questo caso, infatti, è prevista solo un’attenuazione di pena a favore dell’ente.
- le astratte modalità realizzative del reato: sono indicate le modalità astratte di realizzazione dei reati previsti dal D.lgs. 231/2001 associati, sempre secondo una valutazione astratta, alle attività a rischio;
- i potenziali reati associabili.
La “Mappatura” è stata effettuata con riferimento alle attività svolte dalla Fondazione per gli scopi da essa perseguiti.
In riferimento ai reati societari, da un’attenta analisi svolta, si ritiene non possa applicarsi la categoria di reati in questione alle fondazioni. La dottrina, in proposito sostiene che “la disciplina penalistica dettata dalle norme contenute nel titolo XI del libro V del codice civile sono state previste per le società soggette a registrazione. Essa pertanto ricomprende tutte le imprese che in forma associativa esercitano, secondo il disposto dell’art. 2195 c.c. , le seguenti attività: un’attività industriale diretta alla produzione di beni e di servizi; un’attività di trasporto per terra, per acqua e per aria; un’attività bancaria o assicurativa; altre attività ausiliari di quelle già indicate[2].” Una recentissima giurisprudenza in relazione alle fondazioni bancarie così cita: “Va rilevato che, alla luce della riserva alle “società soggette a registrazione delle norme incriminatrici del capo I del titolo II del codice civile è inequivocabile che una “fondazione” seppur bancaria, non è de iure una società commerciale, pertanto è escluso, per definizione, nel caso di in cui l’imputazione riguardi il bilancio di una fondazione e non di una società, la configurabilità del reato di cui al 2621 c.c
In via prudenziale, però, si è ritenuto opportuno considerare i reati societari nel presente modello, con particolare riferimento alla fattispecie di false comunicazioni sociali, in quanto, gli obiettivi del bilancio nelle organizzazioni non lucrative nascono dalla necessità di trasparenza nei confronti dei soggetti finanziatori. Trasparenza che la Fondazione J&J vuole garantire nello svolgimento di tutte le attività che pone in essere, viste le finalità filantropiche ed umanitarie che persegue.
In relazione ai reati in materia di falsità nummaria previsti dall’art 25 bis, ai reati con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico di cui all’art. 25 quater ed ai delitti contro la personalità individuale di cui all’art. 25 quinquies è stata effettuata un’analisi preliminare in astratto.
Non si sono però ritenuti applicabili tali categorie di reati alla realtà aziendale di FONDAZIONE J & J, in quanto:
- in riferimento ai reati previsti dall’ 25 bis., risulta inconciliabile con il tipo di attività svolta dalla Fondazione che non prevede circolazione di denaro contante verso l’esterno (es. biglietterie, sportelli al pubblico, ecc.).
- In riferimento ai reati previsti dall’ 25 quater, sarebbe risultato oltremodo difficoltoso effettuare l’individuazione delle aree di rischio con la stessa metodologia seguita per gli altri reati ex Decreto, in quanto si tratta di una tipologia caratterizzata dal riferimento finalistico della condotta suscettibile di applicabilità alla quasi totalità di tutti i reati previsti dal nostro ordinamento. Risulta, inoltre inconciliabile con il tipo di attività svolta dalla Fondazione.
- In riferimento ai reati ex art. 25 quinquies, si è ritenuto che la specifica attività svolta dalla Fondazione, non presenti profili di rischio tali da rendere ragionevolmente fondata la possibilità della loro commissione nell’interesse o a vantaggio della stessa.
- In riferimento al reato di “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”(c.d. infibulazione) si è ritenuto che la specifica attività non risulta applicabile alla Fondazione.
- In riferimento ai reati in materia di Market Abuse si è ritenuto che la specifica attività non risulta applicabile in quanto FONDAZIONE J & J non è quotata e non ha mai emesso o emette strumenti finanziari non quotati.
- In riferimento all’art. 25 septies risulta non applicabile in quanto la Fondazione non ha locali, né personale proprio, come evidenziato nel § 2. Pertanto, i Soci fondatori che forniscono personale e locali provvederanno ad adempiere agli obblighi imposti dalla normativa antinfortunistica.
- In riferimento all’art. 25 decies risulta non applicabile in quanto la Fondazione non ha locali, né beni propri, come evidenziato nel § 2. Pertanto, i Soci fondatori che forniscono personale, beni e locali provvederanno ad adempiere agli obblighi imposti dalla normativa ambientale.
- In riferimento all’art. 25 terdecies risulta non applicabile in quanto la Fondazione, proprio per la tipologia che svolge, osteggia qualsiasi forma di discriminazione o violenza per motivi razziali , etnici, nazionali o religiosi
Si è pertanto stimato esaustivo il richiamo ai principi contenuti nel Codice di comportamento della Fondazione.
7. ATTIVITÀ RIFERITE AL VERTICE
Come anticipato nella premessa al presente Modello, i reati da cui può scaturire, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, la responsabilità dell’ente, possono essere realizzati tanto dal soggetto posto in posizione apicale, che dal sottoposto alla sua direzione o vigilanza.
Infatti il D.lgs. 231/2001 prevede nel caso di reato realizzato dal vertice, un inversione dell’onere della prova: in tal caso è la Fondazione che deve dimostrare l’elusione fraudolenta del Modello predisposto ed efficacemente attuato. Si richiede, inoltre, che non sia stato omesso o carente il controllo da parte dell’Organismo di Vigilanza sul rispetto del Modello stesso.
Partendo da queste premesse, si rileva che il Consiglio di Amministrazione risulta essere destinatario naturale delle previsioni normative incriminatici per le quali è configurabile la responsabilità ai sensi del D.lgs. 231/2001. Infatti, alcuni reati ai quali il D.lgs. 231/01 ricollega la responsabilità amministrativa dell’Ente, sono reati c.d. “propri”, ovvero possono essere realizzati soltanto da soggetti che rivestono una determinata qualifica soggettiva (es. per i reati societari, i soggetti attivi individuati dalla norma incriminatrice sono esclusivamente gli amministratori, i sindaci, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i liquidatori e coloro ai quali, per effetto dell’art. 2639 c.c., si estende la qualifica soggettiva). Per effetto di tale indicazione normativa, si ritiene necessario che l’attività di controllo demandata all’Organismo di Vigilanza abbia ad oggetto anche l’operato del Consiglio di Amministrazione.
8. ELEMENTI DI CONTROLLO
La Fondazione J&J ha deciso di dotarsi di una serie di regole a cui attenersi nel processo decisionale dell’ attività che svolge.
I protocolli decisionali (All. n. 4) sono stati creati tenendo presente le attività ed i progetti che nel corso di questi anni la Fondazione ha sostenuto.
In particolare sono stati redatti i criteri / principi generali che regolamentano l’attività di finanziamento dei progetti.
Nel processo decisionale è, altresì coinvolto un comitato etico composto da soggetti esterni scelti tra persone qualificate e di riconosciuto prestigio in campo giuridico, dell’assistenza, del volontariato e della ricerca scientifica, in modo da garantire un’idonea valutazione dei progetti.
9. GESTIONE DELLE RISORSE FINANZIARIE
L’art. 6, comma 2°, lett. c) del Decreto dispone che i modelli prevedano “modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati”. La disposizione trova la sua ratio nella constatazione che la maggior parte dei reati di cui al Decreto possono essere realizzate tramite le risorse finanziarie delle Fondazione(es.: costituzione di fondi extra-contabili per la realizzazione di atti di corruzione).
Le Linee Guida raccomandano l’adozione di meccanismi di procedimentalizzazione delle decisioni che, rendendo documentate e verificabili le varie fasi del processo decisionale, impediscano la gestione impropria delle risorse finanziarie dell’ente.
Si fa presente che i flussi finanziari della Fondazione vengono generati dalle seguenti attività:.
- Attività di finanziamento dei progetti tramite donazioni di denaro o di beni, borse di studio, progetti di ricerca. Tale attività è stata regolamentata nel documento denominato “Protocolli decisionali ” allegati al Modello (All. n.4)
- Attività di approvvigionamento di beni e servizi è limitatissima, in quanto i soci fondatori, attraverso il Consorzio J&J o direttamente, forniscono a titolo gratuito le strutture ed i mezzi per lo svolgimento dell’attività della Fondazione. Per l’approvvigionamento di beni o servizi residuali si applicano i protocolli richiamati nel Modello organizzativo ex d.lgs 231/2001 del Socio che effettua l’approvvigionamento per conto della Fondazione.
- Assunzione di personale : La fondazione non assume personale in quanto i soci fondatori mettono a disposizione della Fondazione le risorse di cui la Stessa necessita per l’attività che svolge.
- Predisposizione del Bilancio : l’attività di predisposizione ed approvazione del bilancio è un’attività propria del Consiglio di Amministrazione, che viene supportato dalle Direzioni Amministrative delle società fondatrici che si occupano della redazione del bilancio e delle gestione della contabilità. Si applicano i protocolli richiamati nel Modello organizzativo ex d.lgs 231/2001 del Socio, la cui Direzione amministrativa effettua l’attività di supporto.
- Spese di trasferta e rimborsi spesa Sono sostenute dai fondatori secondo i criteri di riparto del consorzio. Si applicano i protocolli richiamati nei Modelli organizzativi ex d.lgs 231/2001 dei Soci.
- Poteri di firma e di spesa: il potere di firma è concesso dal CdA al solo Presidente in firma singola ed a due consiglieri in firma congiunta.
10. L’ ORGANISMO DI VIGILANZA
L’art. 6, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 231/2001, tra i requisiti affinché l’Ente possa essere esonerato dalla responsabilità conseguente alla commissione dei reati ivi elencati, individua l’istituzione di un Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, con il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello, curandone l’aggiornamento.
Si tratta di un organismo interno alla Fondazione, in posizione di terzietà e di indipendenza rispetto agli altri organi dell’Ente.
I requisiti che l’Organismo di vigilanza deve soddisfare per un efficace svolgimento delle predette funzioni sono:
autonomia ed indipendenza: l’Organismo di Vigilanza deve essere sprovvisto di compiti operativi e deve avere solo rapporti di staff con il Vertice operativo aziendale. I requisiti in questione, infatti, devono essere intesi in relazione alla funzionalità dell’OdV e, in particolare, ai compiti che la legge attribuisce allo stesso.
Professionalità nell’espletamento dei suoi compiti istituzionali. A tal fine i componenti del suddetto organo devono avere conoscenze specifiche in relazione a qualsiasi tecnica utile per prevenire la commissione di reati, per scoprire quelli già commessi e individuarne le cause, nonché per verificare il rispetto del Modello da parte degli appartenenti all’organizzazione aziendale.
Continuità di azione. Per garantire l’efficace attuazione del Modello organizzativo, è necessaria la presenza di una struttura dedicata esclusivamente all’attività di vigilanza.
Le Funzioni
In base a quanto si ricava dalla legge, le funzioni svolte dall’Organismo di Vigilanza possono essere così schematizzate:
- vigilanza sull’effettività del modello, che consiste nel verificare la coerenza tra comportamenti concreti e modello istituito;
- valutazione dell’adeguatezza del modello, ossia della idoneità dello stesso, in relazione alla tipologia di attività e alle caratteristiche dell’impresa, ad evitare i rischi di realizzazione di reati. Ciò impone un’attività di aggiornamento dei modelli sia alle mutate realtà organizzative aziendali; sia ad eventuali mutamenti della legge in esame. L’aggiornamento può essere proposto dall’Organismo di Vigilanza, ma deve essere adottato – come già specificato – dal Consiglio di Amministrazione.
Per un’efficace svolgimento delle predette funzioni l’Organismo di Vigilanza dispone di una serie di poteri e prerogative. Esso, infatti, può:
- attivare le procedure di controllo tramite apposite disposizioni od ordini di servizio;
- effettuare sistematiche verifiche su operazioni o atti specifici posti in essere nell’ambito delle aree sensibili;
- raccogliere ed elaborare le informazioni rilevanti in ordine al modello;
- chiedere informazioni ai collaboratori della Fondazione e, ove necessario, anche all’Organo dirigente nonché ai consulenti esterni, ecc;
- condurre indagini interne, e svolgere attività ispettiva per accertare presunte violazioni delle prescrizioni del modello;
- promuovere iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione dei principi dei modelli e predisporre la documentazione organizzativa interna necessaria al funzionamento dei modelli stessi, contenenti le istruzioni, i chiarimenti o gli aggiornamenti (organizzare corsi di formazione, divulgare materiale informativo ecc…).
Per quel che concerne, infine, il funzionamento dell’Organismo di Vigilanza istituito presso FONDAZIONE J & J si rinvia allo Statuto (Allegato n.5 ).
Identificazione dell’OdV all’interno della Fondazione
È istituito presso FONDAZIONE J & J un Organo con funzioni di vigilanza e controllo (di seguito “Organismo”) in ordine al funzionamento, all’efficacia, all’adeguatezza ed all’osservanza del Modello di organizzazione, gestione e controllo (di seguito “il Modello”) adottato da FONDAZIONE J & J con delibera del Consiglio di Amministrazione del 16 marzo 2009 allo scopo di prevenire i reati dai quali può derivare la responsabilità amministrativa della Fondazione, in applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle Società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” (di seguito il “Decreto”).
In particolare FONDAZIONE J & J ha identificato l’Avv. Sara Biglieri nominata con delibera del Consiglio di Amministrazione del 16 marzo 2009.
11. CODICE DI COMPORTAMENTO
L’adozione di principi etici rilevanti ai fini della prevenzione dei reati di cui al D.Lgs 231/01 costituisce un elemento essenziale del sistema di controllo preventivo. Tali principi trovano la loro collocazione naturale nel Codice di comportamento (Allegato n. 6).
Il codice di comportamento, infatti, mira a raccomandare, promuovere o vietare determinati comportamenti a cui possono essere collegate sanzioni proporzionate alla gravità delle eventuali infrazioni commesse.
12. SISTEMA DISCIPLINARE
Un punto qualificante del Modello è costituito da un adeguato Sistema disciplinare che sanzioni il mancato rispetto e la violazione delle norme del Modello stesso e dei suoi elementi costitutivi.
Tali violazioni devono essere sanzionate in via disciplinare, a prescindere dall’eventuale instaurazione di un giudizio penale nei casi in cui il comportamento costituisca, anche reato.
La fondazione non avendo personale proprio non può avvalersi di un sistema disciplinare, potrà altresì prevedere un’apposita clausola risolutiva espressa nei contratti di cessione gratuita di personale, così come prevista per i consulenti, collaboratori e terzi.
Con riguardo ai rapporti con Consulenti, Collaboratori, Procuratori e Terzi, la Fondazione ha adottato uno standard contrattuale secondo cui, qualsiasi comportamento in contrasto con il Codice di comportamento posto in essere dai soggetti sopra indicati, potrà determinare l’immediata risoluzione del rapporto contrattuale e l’eventuale richiesta di risarcimento, qualora da tale comportamento derivino danni alla Fondazione.
13. FORMAZIONE ED INFORMAZIONE DEL PERSONALE
FONDAZIONE J & J conformemente a quanto previsto dal D.lgs. 231 del 2001, definirà uno specifico piano di comunicazione e formazione finalizzato a diffondere ed illustrare a tutti i collaboratori il Modello.
In particolare, perciò che concerne la comunicazione si prevede:
- invio di una email a firma del Presidente a tutti coloro che a qualunque titolo collaborano con la Fondazione dell’avvenuta adozione del Modello Organizzativo.
- Per quanto invece concerne la formazione, quest’ultima verrà erogata a tutti coloro che in via non occasionale collaborano con la Fondazione. In particolare verranno affrontati i seguenti temi
- lgs. 231/01
- Contenuti delle Linee guida di Confindustria
- Conseguenze derivanti alla Fondazione dall’eventuale commissione di reati da parte di soggetti che per essa agiscano,
- Codice di comportamento
- Caratteristiche essenziali dei reati previsti dal Decreto
- Funzione e contenuti del Modello organizzativo adottato dalla Fondazione
- Protocolli
- Organismo di Vigilanza
La partecipazione ai momenti formativi sopra descritti sarà formalizzata attraverso la richiesta della firma di presenza e l’inserimento nella banca dati dell’OdV dei nominativi dei presenti.
[1] Il reato è consumato solo quando risultano realizzati tutti gli elementi costitutivi del medesimo.
[2] Musco, Diritto penale societario 1999 pagg. 51 e ss.
ALLEGATI
1- Testo D.lgs. 231/2001
2- Elenco dei reati
3- Mappatura delle attività a rischio
4- Protocolli decisionali
5- Statuto dell’Organismo di Vigilanza
6- Codice di comportamento